martedì 21 luglio 2020

Lettera aperta agli organizzatori e ai responsabili dell'Auditorium Parco della Musica di Roma

Sono ben consapevole di scrivere a un’entità astratta, la concretizzazione della spersonalizzazione burocratica di weberiana memoria, per cui non mi perdo in inutili e cerimoniosi incipit (Cari, Gentili et similia…).

Vi scrivo per segnalarvi alcune questioni che riguardano il vostro discutibilissimo operato e di cui non vi sarebbe nemmeno bisogno di parlare se, da parte degli organizzatori e gestori di Auditorium Parco della Musica e quella cricca di criminali in doppiopetto che rispondono al nome di Ticketone, ci fosse un minimo di consapevolezza e senso di responsabilità.
Ovviamente so già che la spersonalizzazione, coniugata con protervia e diniego, non potrà che produrre il più scontato silenzio da parte vostra. Ma siccome una responsabile con cui mi sono lamentato ieri sera mi ha chiesto “la grandissima cortesia di scrivere” a questo indirizzo, ci provo: tanto, ho tempo da perdere.

Prima questione: da anni Auditorium Parco della Musica, con bando di gara, appalta all’esterno la vendita dei biglietti on line. Come per magia, vince sempre la stessa pattuglia di malavitosi: TicketOne. Questi ultimi, del tutto impermeabili anche al pelo e contropelo che gli hanno fatto su Report (e che evidentemente nessuno ha visto, altrimenti avrebbe dovuto esserci una sollevazione popolare e nessuno sarebbe più andato ai concerti acquistando i loro biglietti supermaggiorati), taglieggiano i malcapitati acquirenti imponendo un obolo di 2 euro e 50 centesimi sulla stampa del biglietto. In cambio non ti regalano la cartuccia di toner: quella ce la devi mettere tu, insieme alla carta e alla stampante. Come se Ikea ti chiedesse i soldi se vuoi montarti i mobili a casa, da solo. Misteri del capitalismo allegro. Quello che si rifà al modello dei Lehmann Brothers, per capirci, portandoci dove ci ha portato.

Seconda questione, ancora in relazione alle aberrazioni del capitalismo acefalo che esprimete attraverso i vostri regolamenti. Ieri, all’ingresso, poco prima che sul palco si cominciassero a udire canzoni libertarie scritte da un certo Guccini, al pari di tutti gli altri sono stato perquisito come se potessi avere addosso le armi di Saddam Hussein che, ai tempi, non hanno trovato in Iraq. Diversamente dagli altri, mi è stata sequestrata una macchina fotografica bridge (roba non professionale, per capirci), che è finita nel portabagagli di un agente di polizia (prevedere uno spazio per il deposito oggetti o un guardaroba, no, eh?). Sulla questione avrei un paio di domandine facili facili. La prima: perché mi sottraete la macchina fotografica se poi, all’interno della Cavea, non c’è improvvisato videomaker che non si diletti col proprio cellulare a riprendere, registrare, fotografare? Ok, facciamo finta che si tratti di una questione di qualità audio/video e che sarebbe piuttosto difficile sequestrare lo smartphone a tutti gli avventori. In questo caso – da epigono di Bin Laden – potrei trasformarmi in un pericoloso rivale sul mercato del materiale video. Sì, insomma, potrei fare concorrenza ai fotografi professionisti con obiettivi più lunghi di una proboscide d’elefante o del naso di Cirano, per restare in tema con il repertorio della serata. Ma come? Non siete voi i liberisti che tanto soffiano sulla fiamma della libera concorrenza, lo Stato da smantellare e tutte quelle amenità di cui parlate a vanvera? Non potrebbe venirvi in mente che il mio occhio sul mirino di una macchina fotografica disturba il vicino assai meno del display di un iPhone11? O che magari quelle foto uno se le riguarda a casa e finisce lì, senza lucrarci sopra? Possibile che non conosciate altra logica che non sia quella del profitto, che non percepiate alcuna azione sociale che non sia motivata dal denaro? Siete talmente abituati a un comportamento predatorio e parassitario che non riuscite e vedere altro. Siamo passati dal “vietato vietare” degli anni Sessanta all’«obbligatorio obbligare» di oggi. Vogliamo poi dire qualcosa sul sistema di regole, ridotte a semplici icone su un tabellone? Una ics (X) su una macchina fotografica cosa vuol dire? Che non la devo lanciare sul palco come oggetto contundente o che ne devo inibire le funzioni?

La terza questione è quella che rende lapalissiano, trasparente, tragicamente grottesco il vostro essere l’incarnazione della banalità del male, di cui parlava Hannah Arendt a proposito di criminali di guerra come Eichmann. L’unica differenza tra voi e il gerarca nazista sta nell’entità dei danni. I poveri e sottopagati steward e hostess che lavorano (immagino, a cottimo) da voi sono degli Yes-Men (e Yes-Women) che non hanno la benché minima idea del regolamento che sono chiamati ad applicare. Sempre ieri sera, per dire, superata una perquisizione degna del JFK International Airport post 11 settembre, prendo una birra nel bar, servita dall’unico tuttofare a disposizione di una quarantina di pazienti avventori in attesa di idratare l’ugola (Mayo e Ford, questi sconosciuti…). Porto il mio bicchiere di plastica contenente birra nella Cavea, dove vengo fermato perché “i superalcolici non si possono consumare nella Cavea”. Ora, al di là delle competenze di chimica della cerebrolesa di turno che mi ha fermato (in un’epoca di iperboli, anche una birra sgasata diventa SUPER), mi sarebbe piaciuto sapere qual è la ratio nell’ammettere una signora con bottiglia di vetro (potenziale oggetto contundente) contenente acqua e non me, che sono maggiorenne e sto consumando la birra che mi è stata venduta a circa trenta metri dal posto che ho pagato esosamente tra le mille maggiorazioni dei già menzionati malavitosi di TicketOne, in combutta con la vostra organizzazione. La risposta è: “è il regolamento!”. Sì, d’accordo, ma qual è la ratio del regolamento? Risposta: “è il regolamento!”. È proprio qui il busillis: quando Eichmann venne processato in Israele per avere dato il suo sostanzioso contributo all’Olocausto, non faceva che ripetere che “quelli erano gli ordini”. Ossia, traduco: “era il regolamento!”. Trova le differenze. Nessuna.
Personalmente, quando mi si chiede di attuare un regolamento faccio sempre tre cose: 1) mi informo sul suo senso; 2) ne discuto presso gli organi preposti, se non sono d’accordo; 3) se costretto alla sua applicazione, mi scuso con chi – in qualche modo – deve farne le spese. Quando poi, come in occasione degli esami universitari on line (chi vi scrive è un professore universitario, non un ergastolano in libera uscita), mi viene chiesto di trasformarmi in poliziotto e di applicare un doppio controllo audio/video sugli studenti esaminati, faccio obiezione di coscienza.
Ma capisco che tutto questo sia larghissimamente fuori dalla vostra portata: tanto i responsabili vanno cercati sempre in qualche istituzione. Come se le istituzioni fossero un organismo aiutopoietico, scevro da qualsiasi condizionamento e responsabilità umana.

S.N.

17 commenti:

  1. La stimo! Grazie per l'illuminante indignazione.

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  2. Quasi meglio è andare allo stadio in curva sud per Roma Lazio in tempi coronavirus.

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    1. c'è solo la curva sud ed è della Roma
      ed lì che se soffre !
      Forza Roma
      scusami per la risposta da tifoso, non in linea con l'argomento, ma la Roma è la Roma !

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  3. Grazie per aver preso le difese della musica e delle idee.

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  4. Ottima critica. L'unica arma possibile sarebbe non dare più soldi all'associazione mafiosa Ticketone..... Giuseppe

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  5. da sempre sono appassionato di musica dal vivo, ma ormai andare ad un concerto e diventata una situazione Frustrante, prezzi indecenti "regole" incomprensibili, mi sento solo un limone da spremere, e sta sparendo la gioia di ascoltare un artista insieme agli altri.
    combattere la mafia della musica sarà cosa molto difficile, in troppi si sono omologati a questo andazzo.
    il risultato e che non vado quasi più a vedere nulla.....
    Grazie per il tuo commento, molto bello e incisivo.

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  6. Sottoscrivo in toto, quanto scritto in un lessico brillante..
    Penso che non riceverà parole di scuse da niuno, perchè notoriamente in Italia non ci si scusa (e giammai si risponde alle mail).Figuriamoci quando si tratti di organizzazioni ammantate dalle istituzioni pubbliche.Report raramente ha conseguenze (come il gioco di Sarri alla Juve)..ma è giusto che ci sia.
    Lecito e civile comunque, fare vedere che non siamo sempre massa acritica, facilmente manipolabile e remissiva alla dilagante stupidità.

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    1. La mia è meno di una goccia nel mare, giacché neppure una trasmissione come Report riesce ad arrivare dove vorrebbe e, soprattutto, dovrebbe (se fossimo un Paese "normale". Grazie per il tuo sostegno

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  7. Degrado urbano Degrado umano

    E' evidente che questa "terra promessa" che chiamano cultura faccia gola a troppe persone. Chi la sopravvaluta e chi la mette sotto i tacchi. I tempi delle grandi opere urbane è terminato perchè un Covid qualunque potrebbe chiudere la baracca. E chi si incensa con il nome di Ennio Morricone adesso, dovrebbe chiedere e chiedersi perchè in Italia con tutta la magnificenza prodotta, riusciamo solamente a "dopare" alcuni nomi? Il degrado non è dovuto alla piaggeria dei vincitori, ma alla sciatteria dell'ovvio. Chi vince resta solo.
    A questo punto nasce il degrado umano, a cui questo blog cerca di mettere una pezza. E se queste pessime figure mosse dal "controllore" hanno una leva solamente dal lato filosofico della questione, la morale la teniamo ben solida e solitaria: una nicchia fatta di curiosi e non cultori a pagamento. Questo blog è meglio di qualsiasi concerto, mi ha fatto scoprire gemme inesplorate! Ad Maiora e soprattutto...per un pugno di dollari, non mettere giù la testa!

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    1. Mai mettere giù la testa, amico cinefilo. Grazie per il sostegno e le tue parole. Concordo sull'uso del nome di Morricone: uno specchietto per le allodole.

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  8. solo adesso in Italia si scopre Ennio Morricone! e ovviamente si fa' l'altare.
    Ma questi personaggi dove erano ? e adesso si riempiono la bocca ! Non serve cambiare nome intitolare e/o dedicare. Anche l'orchestra si chiama "Parco della Musica Jazz Orchestra - PMJO" Per un pugno di dollari, mai giù la testa

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  9. L'unica arma sarebbe il boicottaggio ma è purtroppo impossibile; e poi ci dobbiamo sorbire gli accorati appelli degli artisti verso tutti gli operatori dei concerti live!

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