anno: 2020
regia: WINTER, ALEX
genere: documentario
con
Frank Zappa, Gail Zappa, Bruce Brickford, Pamela Des Barres, Henry
Dutt, Bunk Gardner, David Harrington, Mike Keneally, John Sherba, Scott
Thunes, Joe Travers, Ian Underwood, Ruth Underwood, Steve Vai, Ray
White, Sunny Young
location: USA
voto: 10
C'è un aggettivo che ricorre spesso nel documentario che Alex Winter, già autore di Downloaded,
ed è Weird. Weird come strano, bislacco. Perché Frank Zappa - il più
grande e talentuoso musicista del Novecento - strano lo era davvero agli
occhi di quei benpensanti contro i quali si accaniva il sarcasmo dei
suoi testi. La forza del documentario di Winter - al quale la vedova di
Zappa ha aperto i giganteschi archivi del marito - sta nel concedere
molto proprio alla dimensione umana del chitarrista di Baltimora, senza
ovviamente tralasciare quella squisitamente artistica. Per gli orfani di
Zappa, il film di Winter è un'autentica manna che propone una quantità
di materiale inedito da indigestione, tanti sono i filmati privati,
quelli giovanili o quelli drammatici durante la malattia che diede la
morte a Zappa a soli 52 anni, da richiedere più di una visione. Dentro
c'è proprio tutto e questo è anche il limite (forse l'unico) del film:
non fai a tempo a fermarti su un'immagine, una frase, un brano musicale,
che già vieni catapultato altrove. In questo "tutto" ci sono l'infanzia
povera, la passione giovanile per gli esplosivi, la musica che irrompe
nella vita del nostro soltanto intorno ai 14 anni, il racconto di sei
mesi di prigione per avere scritto la colonna sonora per un film porno
(America parruccona e sessuofoba!), il perfezionismo maniacale,
l'avversione radicale nei confronti della droghe, la sigaretta - al
contempo - perennemente accesa, il rapporto con le altri arti (Lenny
Bruce, il disegnatore Cal Shenkel e l'animatore Bruce Brickford,
autentici maverick come lui), lo sberleffo costante nei confronti
dell'industria musicale (la cui epitome fu la copertina di We're only in it for the Money, caricatura del beatlesiano Sgt. Pepper's,
sulla quale campeggiava anche Jimi Hendrix). Né mancano gli episodi
privati, dalla frattura alla gamba causatagli da un esagitato durante un
concerto, alla nascita dei quattro figli. E c'è inevitabilmente il
Zappa musicista, quello in grado di scalare le classifiche con una
canzone come Valley Girl, di scrivere pezzi complicatissimi come Black Page (il
titolo deriva dalla quantità di nero presente sul pentagramma) o di
pagare di tasca propria un'intera orchestra (la London Symphony
Orchestra, mica robetta) pur di sentire eseguire la propria musica come
si deve. Zappa era tutto questo e il film, pur in un montaggio
serratissimo, riesce a raccontarlo: un workhaolic capace di sfornare
musica a getto continuo, un genio irriverente, refrattario a qualsiasi
censura, un libertario autarchico (fu il primo musicista a metter su una
propria etichetta discografica) dalla dialettica sopraffina e dal
carisma smisurato, il cui mito, a più di un quarto di secolo dalla sua
morte, è più vivo che mai.
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